Recensione/ Eat Lead: The Return of Matt Hazard

Sarà capitato a tutti i giocatori di lunga data di non essere riusciti a completare un titolo e di serbare rancore tutt'ora. Matt Hazard è la vittima di questo rancore, in una parodia videoludica che mette a nudo gran parte dei luoghi comuni a cui, sequel dopo sequel, abbiamo fatto il callo

Eat Lead: The Return of Matt Hazard
Sviluppatore: Vicious Cycle
Editore: D3 Publisher
Distributore: Halifax
Genere: Sparatutto
Piattaforma: Xbox 360 (disponibile per PlayStation 3)
Titoli correlati: Gears of War 2 (Xbox 360); Killzone 2 (PlayStation 3); Duke Nukem 3D (PC)

Parodius

Matt Hazard - eroe fittizio dei videogame anni '80 caduto in disgrazia dopo uno spin off sui go kart - ha una nuova occasione di tornare sulla scena grazie a un titolo next-gen, che si trasforma presto in una parodia dell'ultimo ventennio videoludico - Mario, Halo, e Final Fantasy compresi. Eat Lead si lascia prendere la mano dalla voglia di ironizzare sui clichè dei videogiochi e sui non sense che ci accompagnano da anni, finendo però esso stesso vittima di tali inconsistenze che critica con battute a denti stretti. Ripetitività e prevedibilità delle situazioni sono i bersagli preferiti dei commenti di Matt Hazard, problemi di cui si prende gioco talvolta con grande stile e ironia, ma dai quali non riesce a svincolarsi con trovate originali o che ingannino il senso di déjà-vu che sovviene inevitabilmente dopo qualche ora di gioco.


Eppure il pacchetto funziona e per chi mastica videogame fin dagli 8 bit si tratta di un titolo che strapperà ben più di una risata all'insegna di un divertimento forse spartano, ma in larga parte onesto. Si potrebbe quasi dire che Eat Lead sta al videogame come Last Action Hero sta al cinema: entrambi giocano con il mezzo di cui fanno parte pur avendone bisogno per vivere. In principio è un tripudio di riferimenti e frecciate vero i bersagli più disparati, dall'(in)utilità dei tutorial alla banalità degli obiettivi di gioco. Peccato che i momenti di ilarità sì diluiscano un po' troppo fra le sezioni di puro shooter che, per quanto collaudate, non si distinguono per particolare originalità. La meccanica di gioco riprende il sistema di coperture di Gears of War con la differenza che laddove il titolo di Epic usa un solo tasto per gestire i ripari, Eat Lead ne sfrutta ben tre: un inutile fronzolo che, però, trova nella possibilità di puntare e dirigersi verso una nuova copertura in maniera automatica un interessante sviluppo.
I lunghi livelli offrono numerosi ripari, ma la loro vulnerabilità ai proiettili li rende sicuri solo per un breve periodo. Nonostante la particolare attenzione a tali meccaniche di gioco, il gameplay trova radici nei più antichi sparatutto dove l'obiettivo ultimo è sempre quello di far piazza pulita. La varietà di avversari è più che discreta - si va dai cowboy ai personaggi in 2D a là Castle Wolfenstein, dagli zombie agli space marine - ma l'intelligenza artificiale lascia a desiderare, divenendo facile bersaglio di one-shot-kill alla testa o di scontri corpo a corpo che regalano secondi di invicibilità. Alcune armi sono più efficaci contro particolari tipologie di avversari, ma la difficoltà rimane per lo più regolata verso il basso. la superiorità numerica e il respawn infinito in alcune situazioni sono gli unici mezzi che possono impensierire i giocatori esperti e in queste occasioni (prevalentemente i boss di fine livello) Eat Lead offre il peggio di sè con sezioni al limite della frustrazione.

Alla stregua di Matrix e con tanto di disturbi grafici, ambientazioni e nemici cambiano da un momento all'altro a seconda del volere dei programmatori virtuali, che porteranno il giocatore in otto livelli, fra magazzini, uffici e porti. La qualità delle situazioni procede a singhiozzo fra momenti ricchi di azione dove sfruttare al meglio le coperture - il ristorante giapponese è davvero divertente - e sezioni lineari in cui si riciclano senza sosta le fasi precedenti. Delude il parco armi, a cui mancano ritrovati bellici d'impatto in favore di una rosa di mitraglie e fucili piuttosto ridondanti fra cui spicca solo la pistola ad acqua. La generale semplicità di Eat Lead deriva in parte anche dalla precisione innaturale delle armi, in grado di infilare una pallottola in mezzo agli occhi anche a diverse decine di metri di distanza.
Eat Lead non è un pezzo da novanta e l'assenza di modalità aggiuntive che ne garantiscano la rigiocabilità penalizza ulteriormente il lavoro di Vicious Cycle. Non tutto è perduto per Matt Hazard: possiamo tranquillamente affermare che l'esperienza di gioco fila liscia come l'olio in virtù di una giocabilità immediata e priva di problemi, godibile nonostante i problemi sopra menzionati. Anche sul fronte della realizzazione tecnica, Eat Lead si difende più che bene con modelli poligonali ben fatti, ambientazioni ampie e sufficientemente dettagliate ma soprattutto con un motore grafico che non perde un colpo, anche in presenza di decine di nemici sullo schermo. Le orecchie sono solleticate da motivi musicali prevalentemente hard rock che non faticano a essere canticchiati anche a console spenta, senza contare l'ottimo doppiaggio italiano che dona ai personaggi un carattere inconfondibile. Senza dubbio la veste grafica addolcisce la pillola per un gioco che va preso per quello che è: una decina di ore in compagnia di un eroe goliardico che sbeffeggia alcuni degli stereotipi più evidenti dei videogame di tutti i tempi. Il prezzo pieno appare ingiustificato ma, per quanto possibile, almeno il noleggio è d'obbligo per mettere Matt Hazard alla prova.

Raffaele Cinquegrana

Aspetti Positivi: umorismo azzeccato; gameplay immediato; comparto grafico e sonoro di qualità
Replay Value: scarso. Solo una modalità di gioco e vari livelli di difficoltà
Aspetti Negativi: intelligenza artificiale appena abbozzata; ripetitivo; difficoltà altalenante
In Sintesi: Eat Lead si prende gioco degli stereotipi videoludici che esso stesso non riesce a eludere in maniera originale. Nonostante tutto è godibile e scanzonato quanto basta, ma un prezzo budget sarebbe stato più indicato per invogliare il pubblico alla prova.

Commenti

  1. Mah, non sono completamente d'accordo.
    Dopo aver fatto il platino posso dire che il massimo grado di difficoltà costringe a una gestione tattica più accurata.
    Nello specifico della recensione, non ho trovato alcuna sezione con respawn infinito e mi sembra contraddittorio lamentarsi della ripetitività e del fatto che i ripari si gestiscano con tre tasti (vedi alla voce gestione tattica dei ripari).
    Ci sarebbero altri rilievi da fare, ma questo è un commento e non una recensione ;)

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  2. E' passato un po' di tempo da quando l'ho terminato, se non ricordo male il respawn infinito è proprio al primo boss. La ripetitività è insita nel gameplay, fermo restando che l'azione rimane sempre godibile.

    A me Eat Lead è piaciuto, e pure parecchio. Alcuni l'hanno trovato frustrante ed effettivamente mette i nervi alla prova, ma non più di tanto, a mio avviso.

    La meccanica di coperture è un po' ridondante con 3 tasti, ma - come detto nella recensione - il fatto di passare da un nascondiglio all'altro in maniera automatica è un dettaglio che molti altri giochi dovrebbero prendere come esempio.

    Ci vorrebbero più Matt Hazard e meno FPS generici.

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